Storia
Sori si trova nella Riviera Ligure di levante a circa 15 Km. da Genova, verso Recco, Camogli e il Promontorio di Portofino. Il Paese conta circa 4600 abitanti, suddivisi tra il borgo marinaro (circa 2000 abitanti) e ben otto frazioni: Canepa, Capreno, Sussisa, Lago, Levà, San Bartolomeo, Sant'Apollinare, Teriasca poste nell'ampia vallata retrostante.

L'origine di Sori è assai incerta, alcuni studiosi ne hanno ipotizzata l'origine greca, derivante dal toponimo “Soros” che in greco significa avello, antro, un termine che ben potrebbe alludere alla conformazione della valle così come si presenta giungendo dal mare.

E' più probabile che si fosse formata già nel VII secolo A.C., una colonia di Focesi, un popolo proveniente dalla Grecia centrale che si insediò anche in altre località della Liguria, che portò alla fondazione della Magna Grecia e al centro mercantile di Marsiglia. 
Vi sono testimonianze ancora più antiche di tribù primitive di popoli cacciatori sulle alture, dove sono state rinvenute punte di freccia, asce in pietra di selce scheggiata e tracce di antichi insediamenti della cui memoria restano solo le indicazioni toponomastiche di "Castelli - Castelletti o Castellari " di cui abbiamo indicazioni nella frazioni di Teriasca, Canepa e San Bartolomeo.
Sicuramente questo piccolo borgo con porticciolo fu frequentato anche dai romani ma non vi è rimasta alcuna documentazione storica tale da divulgarne notizie certe. Le Fontes Ligurum non nominano Sori, la tavola Peutingeriana, indica Recina, cioè Recco, ma ignora Sori.  La Via Aurelia come si presenta oggi, cioè via litoranea, è assai recente, non è di epoca consolare, è possibile comunque che a quei tempi esistessero sentieri e mulattiere di collegamento, sia  lungo le coste rivierasche  che con l’entroterra.
 
Per recuperare notizie storiche sicure e documentate su Sori, dobbiamo risalire al medio evo e precisamente al XII secolo. E’ al primo Arcivescovo della diocesi, Siro, che si deve la conoscenza medievale di Sori.   Durante il suo governo, della durata più che trentennale, l’arcivescovo mirò ad un’opera di chiarimento e di organizzazione dell’episcopio che investì 
anche l’ambito civile. Egli procedette alla compilazione di un Registro che potesse documentare inconfutabilmente le proprietà e i diritti dell’arcivescovo. La sua stesura, eseguita dall’economo e avvocato della curia, permise la conoscenza di quelle che fino ad oggi possono considerarsi le fonti documentarie più antiche della storia di Sori.   Nell’ottobre del 1143, nel palazzo dell’Arcivescovo in Genova, i consoli sentenziarono che gli uomini di Sori dovevano versare all’Arcivescovo e ai suoi successori la decima del grano. Davanti ai consoli, che per l’occasione si erano recati a Sori, gli abitanti con i loro rappresentanti, accettarono l’imposizione senza nessuna lagnanza.
Precedono il citato documento dell’anno 1143, due disposizioni che, sebbene prive di data, apportano preziose notizie alla storia medievale di Sori: la prima disposizione riguarda l’assegnazione della decima delle olive alle chiese che costituiscono la Pieve di Sori; la divisione avveniva tra la chiesa principale, cioè la pieve di S. Michele, e le sue quattro cappelle, S. Margherita di Sori, S. Maria di Canepa, S. Pietro di Capreno, S. Bartolomeo di Busonengo.  La seconda disposizione, è l’atto secondo il quale, le decime di Sori si dovevano dividere in quattro parti.
Nel XII secolo la “Pieve” era il distretto base del territorio suburbano di Genova, il suo governo spirituale e amministrativo rappresentava l’elemento fondamentale per la vita delle campagne. 
E’ naturale che quest’appartenenza nel corso degli anni sia stata caratterizzata da contestazioni e ingerenze, indirizzate al raggiungimento di una propria autonomia e indipendenza.
Altro elemento importante è la presenza di consoli, attivi nel borgo già dal 1143.   Si sa che erano eletti, sotto il controllo del governo centrale dagli abitanti del luogo, con un criterio che teneva conto della ripartizione parrocchiale della pieve.
Non si può non ricordare che durante la guerra tra Genova e Venezia per la supremazia sul Mediterraneo il Papa Bonifacio VIII avesse cercato in ogni modo di conseguire una trattativa di pace.   Tra i rappresentanti di Genova per negoziare con i nunzi pontifici, era presente nel 1296, un certo Castellinus de Sauro.  
Nel febbraio dell’anno 1202, un gruppo di fedeli che s’ispiravano alla regola di S.Agostino, fondò tra Sori e Pieve una chiesetta con ospizio ad onore di Dio e della S. Croce nella località Podio Castelli. La chiesetta, posta su una delle cime più incantevoli del Golfo Paradiso, nota con il nome di Santuario di S. Croce, è ancora oggi meta di gite e ritiri.
Nel febbraio del 1208 un tale Lanfranco Alberico, donò all’Arcivescovo di Genova Ottone, un fondo in “Loco Pozolus”  (località Pozzuolo, nei pressi del Monte Cordona) per edificare una chiesa in nome della Vergine Maria dell’Apostolo Giacomo. Il Vescovo incaricò il monaco cistercense Ugo di edificare la Chiesa e della sua conduzione. 

 
Ne giro di alcuni anni fu costruita la chiesa ed anche un Hospitalis (foresteria) per accogliere i pellegrini e i viandanti che transitavano sulla vicina strada che collegava la Val Fontanabuona e l’entroterra, con la città di Genova. 
    I resti dell’Hospitalis di Pozzuolo
 



In quel periodo storico le grandi vie di comunicazione e di pellegrinaggio, transitavano lungo gli spartiacque delle montagne, poiché le vie costiere erano insicure e difficoltose da percorrere.
L’Hospitalis S.Giacomo di Pozzuolo, funzionò  sino alla fine del 1300, i resti di questi edifici sono visibili ancora oggi, seppur parzialmente ricoperti dalla vegetazione.
 
Alla fine del XII secolo è documentata in Sori l’esistenza di un ospedale, intitolato a S. Cristoforo, protettore dei viandanti, situato nello storico carruggio che rimase attivo fino ai primi decenni del XIX secolo. L’ospedale distribuiva elemosine, ospitava malati, imprestava soldi. Si reggeva in massima parte sulle offerte e sui lasciti testamentari dei pii soresi.
Nella medesima strada dove è ubicato l’ospedale, nell’anno 1495, il capitano marittimo Erasmo Cavassa decise di fondare un oratorio e una confraternita intitolata a Sant’Erasmo vescovo e martire, protettore dei marinai. E’ questa, un’epoca in cui nella città di Genova e nei borghi delle riviere si svilupparono molto le Confraternite. 
L’oratorio, divenne per la vita di Sori non solo un luogo di culto, ma anche un centro di vita sociale, punto d’incontro per la comunità quando si dovevano prendere rilevanti deliberazioni; oggi, sebbene privato degli arredi sacri dalle truppe napoleoniche, l’oratorio abbellisce il panorama di Sori sulla parte di ponente con la sua caratteristica costruzione ed è  diventato un luogo di incontro per cerimonie religiose e manifestazioni musicali.  
  
Nell’anno 1511 un’altra opera religiosa si aggiunse nello stesso luogo; è il santuario intitolato a Nostra Signora delle Grazie, per opera del capitano Gerolamo Stagno.   Egli aveva portato dall’oriente un’icona della Madonna, davanti alla quale, narra la tradizione, sua figlia muta aveva riacquistato prodigiosamente la parola.  Diffusasi in breve tempo la notizia del miracolo, da ogni parte la folla accorreva per pregare davanti all’immagine sacra.   Gerolamo Stagno allora fece costruire una cappella, dove fu collocata l’icona, ancora oggi richiamo di una profonda devozione popolare. Ogni anno, a Sori, in occasione dei solenni festeggiamenti del 15 di Agosto, la Madonna delle Grazie è  ricordata  in modo particolare dai fedeli.

Nella descrizione della costa ligure dell’anno 1448 lo storico umanista Jacopo Bracelli presenta Sori come un borgo quasi sul mare, con 100 fuochi, mentre nel 1537 Mons. Agostino Giustiniani negli Annali indica col toponimo di Mianeri, cioè Migavero la zona che comprende il borgo di Sori e informa che i fuochi (famiglie) sono ora 131.
Il toponimo Migavero è usato nella documentazione fino alla fine del Settecento. Non si conosce, fino ad oggi, quale sia stata l’esatta consistenza territoriale della zona indicata con quel nome, come, pure s’ignora la ragione della sua scomparsa dalla toponomastica. Dal 1600 in poi i documenti archivistici, quando indicano il paese di Sori, lo identificano nei quartieri di Migavero, Pieve, Canepa e precisano che Migavero a sua volta è costituito dai territori di S. Bartolomeo, S. Apollinare, Sussisa e Capreno e più in generale dai territori posti a levante della vallata.
 Nel 1580 la peste che colpì il Genovesato arrivò anche a Sori, ne sono prova i numerosi testamenti che ricordano le ultime volontà di persone gravate da morbo pestifero, raccolte da alcuni notai.   Quando la minaccia della peste fu superata, un’altra sciagura si abbatté su Sori. 
Nel luglio del 1584 il borgo fu assalito dai pirati Algerini, ben ventidue galee forti di 1500 uomini, piombarono sull’abitato e lo saccheggiarono per l’intera giornata, uccidendo un gran numero di abitanti e trascinando in prigionia più di 134 persone, prevalentemente donne. Inutili furono le elemosine raccolte subito dopo il nefasto evento per riscattare la
Icona delle Madonna delle Grazie nel Santuario
 
popolazione in mano agli infedeli, come pure la vendita dei beni di proprietà dei prigionieri. Nel tentativo di liberare alcune donne soresi, schiave in Algeri, intervenne anche Donna Zenobia del Carretto, moglie del Principe Gian Andrea Doria. La documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Genova e la relazione dell’annalista, F. Casoni, riportano la drammatica vicenda.  
Rilevante per la storia amministrativa della località fu l’anno 1604, perché da quella data, Sori dipese dal Capitaneato di Recco, cessando di far parte di quello del Bisagno, di cui costituiva a levante l’ultimo borgo marino.  
Il XVII secolo fu un periodo molto duro e difficile per il Borgo di Sori come per tutto il Genovesato, l’economia stagnava, la gente era molto povera e le comunità non avevano fondi per realizzare le necessarie opere pubbliche, come la manutenzione delle strade e dei ponti, il mantenimento delle guardie ecc. 
Ne è testimonianza un documento in cui Battista Mezzano di Pieve, nel 1671 si lamenta di non essere stato ancora pagato per il suo servizio di beccamorto, prestato nei quartieri di Sori e Bogliasco in occasione della peste del 1657.  
Questa, com’è noto, fu l’epidemia più virulenta che abbia colpito la Repubblica di Genova durante tutta la sua esistenza. Arrivò qualche anno dopo la celebre peste ricordata dal Manzoni nei Promessi Sposi e travolse con immense sofferenze tutto il

 
Rappresentazione cartografica di Sori –   Matteo Vinzoni   1773
 

Genovesato.
Lasciò per un lungo periodo uno strascico devastante nell’economia genovese che si trovò decimata nella popolazione e priva di risorse mercantili.
Purtroppo dalla fine del XV secolo in poi le epidemie che invasero costantemente Genova non risparmiarono Sori; e la cappella dedicata a S. Rocco, protettore degli appestati, ne è un’ulteriore conferma.
Nonostante la virulenza dell’epidemia, nel 1674 la popolazione raggiunse i 1000 abitanti. E’ sempre Mons. Ghio, in Pro Sori, a parlarne, come pure a evidenziare che il piccolo centro già dal 1638 cercava un sacerdote non solo per celebrare la messa, ma anche per insegnare ai fanciulli i primi rudimenti della lingua.
Gli avvenimenti che sconvolsero Genova durante il secolo XVIII fecero sentire le loro risonanze anche nel nostro borgo rivierasco, infatti, nel 1746 durante la guerra contro gli austro-piemontesi, Sori si obbligò assieme alle altre vicine comunità, a mantenere i soldati austriaci qui accampati a causa della posizione strategica del luogo. 
Quando il 14 giugno 1797 s’insediò a Genova il Governo Provvisorio della Repubblica Ligure, Sori fu il primo paese della Riviera di levante a festeggiare l’avvenimento. Nel medesimo giorno la popolazione innalzò l’albero della libertà, mentre a Recco scoppiarono tumulti che costrinsero l’amministrazione a inviare 200 uomini per riportare l’ordine.
In questo periodo, Sori fu inclusa nella nuova divisione territoriale della Giurisdizione delle Frutte.  Assieme a Recco, Camogli e Bogliasco, faceva capo a un territorio con un giudice di pace di seconda classe e comprendeva le frazioni di S. Apollinare, Teriasca, Canepa, Capreno e S. Bartolomeo di Busonengo.
Nei primi mesi del 1800, durante l’assedio di Genova da parte delle truppe austriache, sui monti di Sori si svolse una sanguinosa battaglia che rimase a lungo nel ricordo degli abitanti del borgo e delle valli vicine. 

La Battaglia di Monte Becco -  (stampa dell’epoca)
 

L’11 maggio di mattino, il generale francese Soult con quattro mezze brigate ed una di riserva, usciva da Genova e risalendo il Bisagno, colse di sorpresa il fianco degli austriaci trincerati tra il Monte Fasce e  Monte Becco. Nel frattempo, usciva da Porta Pila il Generale Miollis con una divisione che si scontrò frontalmente con i soldati austriaci  del generale Gotteshim ad Apparizione.
La battaglia tra la colonna del gen. Soult e gli austriaci avvenne presso la “Ria di mille morti” sotto il Monte Becco e durò tutto il giorno. Il generale Thiebault, nel Giornale delle operazioni militari, scrisse che 800 soldati austriaci precipitarono negli abissi, 1500 furono fatti prigionieri e 3.000 fucili furono raccolti sul terreno.
 
Nei primi decenni del secolo XIX la popolazione Sorese si vide decurtata di una parte delle Comunaglie (terreni ad uso comune) a lei spettanti a vantaggio dei Comuni di Pieve e Canepa e della frazione di Teriasca, con la scusa che il Comune di Sori era  composto nella massima parte di gente di mare.  
Nel 1815 La Repubblica di Genova fu annessa al Regno di Sardegna e per Sori iniziò un felice momento di sviluppo e di lavori, si costruì l’attuale cimitero, si fecero lavori e restauri nella chiesa parrocchiale, furono messe in ordine le strade comunali, tra cui quella di Camascenza.   Si aprì nel 1818 la strada carrozzabile tra Sori e Recco, mentre il tratto Bogliasco-Sori era già stato appaltato l’anno prima all’impresario Tommaso Picasso.  Nello stesso anno iniziarono i lavori per il nuovo ponte, progettato ed eseguito in pietra a un’arcata di 18 m. di luce. In paese c’erano una scuola comunale e un veterinario che controllava il bestiame da macellare.
Informazioni preziose sull’ottocento sorese sono  reperibili nel fondo della Prefettura Sarda, conservato nell’Archivio di Stato di Genova. Sono soprattutto i ruoli di riparto dai focaggi, cioè l’elenco dei contribuenti che devono pagare l’imposta detta focatico, a dare un quadro della popolazione.   Per l’anno 1830, preso ad esempio, si riporta qualche dato: in Sori vi erano 299 fuochi, cioè gruppi familiari.   Le professioni prevalenti erano legate al mare, esercitate da circa il 40% della popolazione tra capitani e marinai, mentre i pescatori erano solo 4; seguivano i contadini con una percentuale del 22%, i braccianti o giornalieri costituivano solo il 5%; quasi il 10% delle famiglie aveva per capo una donna, di cui non era indicata alcuna professione, tranne per Maria Lagomarsino che faceva l’ostessa e Rosa Grondona che era una botegara.
Nell’elenco dei contribuenti il cognome più frequente era Valle che si riscontrava 36 volte, i Cavassa erano 25; i Razeto 17; seguivano 13 Capurro, 11 Picasso, 10 Bozzo, 9 Antola, Benvenuto, Ferraro, 3 Castagnola, 2  Vagge, Vallebona e Viacava. Il nome maschile più usato era Gio Batta, che appariva 31 volte, seguito da 27 Giuseppe, 26 Francesco, 23 Antonio. Il femminile era Maria, accompagnato da Caterina e Rosa; era presente una Apollonia, una Argentina, una Fermina, due volte appariva il nome Maddalena e Margherita.
Il contributo più alto, sei lire, era a carico di una donna, Maria Picasso, vedova di Gio. Batta; il più basso, una lira, era a carico di 126 persone, per lo più marinai e contadini.   Le imposte più elevate facevano capo a capitani e proprietari.   Il 70% della popolazione di Sori pagava un’imposta inferiore alla media, che dall’elenco dell’anno 1830 era di lire 1,66.   Se si considera l’imposta indicativa del reddito, risulterebbe che una gran parte dei Soresi fosse di condizioni economiche modeste.  
Nell’elenco, come si è visto, si nota una grande presenza di capifamiglia interessati alla vita del mare; questo fa sì che qualche decennio dopo, una parte di questi individui si trovi impegnata nell’attività marittima incrementata dalla guerra di Crimea, dai traffici con il nord dell’Europa e con le Americhe.  
Nel 1870 fu inaugurata la Ferrovia che da Genova proseguiva per Spezia e Roma; la presenza della ferrovia fece conoscere al pubblico questi borghi marinari facendoli uscire dal loro millenario isolamento. 
La bellezza dei luoghi, la salubrità e la mitezza del clima, favorì l'afflusso di un turismo d'elite italiano e straniero; furono costruite ville poste su poggi e giardini sul mare, si aprirono alberghi, pensioni e sorsero i primi stabilimenti balneari.
 

 
Rara immagine del Ponte ferroviario alla  fine del 1800
 

All'inizio del 1900 furono costruiti per la volontà del Parroco, Giacomo Ghio, l'Asilo che ospitava anche le scuole elementari, l'acquedotto e fu restaurato il Santuario delle Grazie.
 
Dopo la prima guerra mondiale, nel 1921 fu attivato l’esercizio a doppio binario della ferrovia nella tratta tra Pieve e Recco e fu spostata la stazione di Sori nell’attuale sede.
 
Nel 1928 fu aperto il nuovo ponte stradale sulla via Aurelia che scavalcando la valle eliminava il tratto di strada stretto e tortuoso all’interno del paese. 


Nel 1932 fu costruito l’edificio scolastico tuttora esistente, arricchito alcuni anni dopo, dalla costruzione del cinema teatro e della palestra.
Questi ultimi lavori, insieme con altri relativi alla sistemazione dell’acquedotto, alla costruzione di un nuovo mattatoio, all’arredo e decoro urbano, furono fatti eseguire dal Podestà com. Flavio Fasce, che fu molto attivo e presente nel periodo in cui fu al governo del paese. 
 
Purtroppo, dopo pochi anni, lo scoppio del secondo conflitto mondiale portò la guerra anche a Sori.
Nel 1943-44 i bombardamenti alleati che miravano a distruggere il ponte ferroviario e quello stradale, fecero ingenti danni, rasero al suolo  o danneggiarono molte case del paese, il ponte medioevale, la chiesa, le strade e molte persone rimasero uccise.
 
Alla fine della guerra, nel 1945, al ritorno della normalità e della democrazia, anche a Sori, come in tutta Italia e in tutta Europa, la popolazione con grande civiltà ed energia, diede inizio, tra mille difficoltà alla ricostruzione del paese. Furono riedificati i ponti, le strade, le case, l’assetto urbanistico del paese cambiò sostanzialmente nella zona, dove ora si trova il Comune.
Tra gli anni ’50 e ’60 si procedette anche alla costruzione delle strade carrozzabili per collegare le frazioni di Sori con il centro, liberandole così dall’atavico isolamento dalla costa e dalle vie di collegamento per il capoluogo o i centri rivieraschi vicini.  Queste opere furono di estrema importanza per lo sviluppo economico e demografico del paese, perché, facilitando la mobilità degli abitanti, evitarono lo spopolamento dei nuclei abitativi montani.
Nel 1948 per interessamento della signorina Peg Carey e con gli aiuti raccolti in Inghilterra, fu istituito il servizio di pubblica assistenza della Croce Rossa che negli anni a seguire andrà sviluppandosi con una nuova sede e nuovi automezzi.  Nel 1957 fu fondato il gruppo dei donatori di sangue che anch’esso ebbe un notevole sviluppo e divenne uno dei gruppi più importanti della provincia di Genova.
Nel 1953 fu fondata la società sportiva Rari Nantes Sori che, con la sua squadra iniziò a partecipare ai campionati di pallanuoto, giocando in mare. La squadra militò prima in serie C, poi in serie B ed infine in serie A.   Nel 1962, venne inaugurata  la piscina scoperta, dove la squadra titolare e quelle giovanili potevano giocare ed allenarsi.
Oggi il paese è molto cambiato rispetto al passato, non ha più l'importanza e la valenza turistica degli inizi del secolo scorso, ma cerca di conservare la tranquillità e il suo fascino offrendo a chi lo frequenta, un modo di vivere ancora a misura d'uomo.